Quando la famiglia lascia il carcere per tutti i detenuti è un colpo al cuore, è come se ti arrestassero di nuovo». È stata questa la molla dietro l’iniziativa “41 Bus”, un servizio navetta rivolto a parenti per facilitare i collegamenti tra le stazioni e gli aeroporti con le case di reclusione italiane. Il suo ideatore è Bruno Palamara, 30 anni, sposato con tre bambini, dal 2016 al 2020 è stato in carcere: prima a Busto Arsizio e poi Voghera. Ed è proprio nella struttura in provincia di Pavia che si è accesa una lampadina. «L’unica cosa che non mancano in carcere sono i problemi. E per un detenuto la mancanza dei familiari è il primo, è quello che provoca maggiore sofferenza», ha spiegato Palamara.
«In cella ho iniziato a studiare molti libri di economia. Il succo di ognuno era sempre lo stesso: “Individua un problema e se trovi una soluzione, hai creato un business”». La criticità era la distanza tra le città e gli istituti. «Sono situati fuori dai centri urbani e spesso volentieri i trasporti pubblici sono scarsi e insufficienti. Raggiungerli è un’impresa. Andare dalla stazione Centrale a Opera, ad esempio, in taxi è improponibile (tra andata e ritorno si spendono 100 euro)».
Quando Palamara è uscito dal carcere ha esposto la sua idea all’agenzia Isola di Comunicazione che ha, sin da subito, creduto nel progetto e lo ha accompagnato nello sviluppo. Infatti sono rimasti molto sorpresi per le potenzialità del progetto, ma anche per l’inattesa puntualità delle valutazioni che aveva già fatto Bruno. Le difficoltà non lo hanno scoraggiato, la realizzazione di questo sogno per lui era un obiettivo irrinunciabile, necessario a dare un senso agli anni in carcere.
Questa ostinata determinazione è il lato più romantico di questa storia», ha raccontato all’AGI la sua legale Beatrice Saldarini. C’è anche un aspetto che Palamara definisce di “leggerezza”: «Il nostro motto è “Andare in carcere non è mai stato così facile” e anche il nome, ’41 Bus’ rientra in questa filosofia, con una vocale che fa tutta la differenza del mondo». La speranza che “41 Bus” possa essere un esempio per le istituzioni e la comunità carceraria. «Se si è in grado di dare una seconda possibilità a un detenuto – ha precisato Palamara – possono nascere anche delle cose belle».
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